Spazio 1969 la Russia alla scoperta di Venere

Spazio 1969 la Russia alla scoperta di Venere

16 maggio 1969, il programma spaziale sovietico Venera raggiunse un importante traguardo con l’atterraggio della sonda Venera 5 sulla superficie di Venere, aprendo la strada all’esplorazione diretta di uno dei pianeti più misteriosi del Sistema Solare. Questa missione rivoluzionaria rappresentò un passo significativo nell’ambito del programma Venera, volto a svelare i segreti di Venere tramite sonde automatiche appositamente progettate per resistere alle estreme condizioni dell’ambiente venusiano.

La Venera 5, lanciata il 5 gennaio 1969, giunse in orbita intorno a Venere dopo 4 mesi e penetrò la densa atmosfera del pianeta, inviando preziosi dati sulla composizione, temperatura e pressione atmosferica. Dotata di strumenti scientifici avanzati come termometri, barometri e analizzatori di gas, la sonda trasmise dati per 53 minuti prima di essere schiacciata dalla pressione estrema, fornendo informazioni cruciali sullo strato più basso dell’atmosfera venusiana.

Le missioni Venera 1-6

Panoramica delle missioni

Le Venera (in russo Венера, che significa “Venere”) furono una serie di sonde spaziali sviluppate in Unione Sovietica per esplorare e raccogliere dati sul pianeta Venere. Le Venera 1-6 erano abbastanza simili tra loro, pesavano circa una tonnellata e venivano lanciate da un vettore Molnija. Erano composte da un modulo principale (“bus”) al quale era agganciata una capsula sferica per l’ingresso nell’atmosfera venusiana.

Obiettivi scientifici

Le sonde Venera 1-6 erano ottimizzate per le rilevazioni atmosferiche di Venere, senza essere dotate di un sistema di atterraggio controllato. Tuttavia, si sperava che il loro funzionamento potesse prolungarsi fino al contatto con la superficie del pianeta. L’obiettivo principale era quello di raccogliere dati sulla composizione, temperatura e pressione dell’atmosfera venusiana durante la fase di discesa.

Strumentazione a bordo

Le sonde Venera 1-6 erano equipaggiate con strumenti scientifici come termometri, barometri e analizzatori di gas per studiare l’atmosfera di Venere. Alcune sonde, come la Venera 1, avevano anche magnetometri, schermi ionici per misurare il vento solare, sensori per micrometeoriti e contatori Geiger per rilevare la radiazione cosmica di fondo.

Risultati chiave

La Venera 4 fu la prima sonda a reinviare dati dopo l’ingresso nell’atmosfera di un altro pianeta, stabilendo la prima comunicazione interplanetaria della storia (anche se non irradiava dalla superficie). Le Venera 5 e 6 comunicarono con successo dati sull’atmosfera prima di essere schiacciate dalla pressione estrema, rispettivamente a circa 26 km e 11 km di altezza dal suolo. Questi dati fornirono informazioni cruciali sullo strato più basso dell’atmosfera venusiana.

Le missioni Venera 7-14

Miglioramenti nel design delle sonde

Venera 7 fece la storia, perché fu la prima sonda ad atterrare, incolume (o quasi), sulla superficie di un altro pianeta, e a trasmettere dati da essa. La discesa durò circa 30 minuti, durante i quali la sonda trasmise continuamente. Purtroppo però il paracadute si strappò all’ultimo e Venera 7 colpì abbastanza duramente la superficie venusiana, a circa 60 km/h, e smise di trasmettere.

Venera 7 fu la prima sonda progettata per resistere alle condizioni della superficie di Venere ed effettuare un atterraggio che non risultasse in un impatto incontrollato.

Venera 8 (lanciata nel 1972) era equipaggiata con un insieme strutturato di strumenti scientifici per studiare la superficie, quali un gamma-spettrometro e uno scafo più resistente. Venera 8 atterrò su Venere, il 22 luglio del 1972, con pieno e totale successo. La sonda trasmise per ben 50 minuti dopo l’atterraggio, confermò i dati ottenuti da Venera 7, e misurò la luminosità ambientale, che si rivelò essere adatta alla fotografia (come un giorno nuvoloso). Si scoprì che le nubi di Venere terminano a circa 35 km di quota, e che sono fatte principalmente di acido solforico. Si misurò inoltre la composizione delle rocce superficiali, che risultarono essere una forma di basalto vulcanico.

Nuove tecnologie per l’esplorazione di Venere

Il progetto da Venera 9 a Venera 12 cambiò sostanzialmente. Pesavano pressappoco cinque tonnellate e furono lanciate dal potente vettore Proton.

Esse comprendevano un modulo di trasporto come le precedenti, sul quale erano installati dei motori chimici per frenare nell’orbita del pianeta (Venera 9 e 10, 15 e 16) e che serviva da ricevitore per ritrasmettere i dati ottenuti dalla capsula di atterraggio.

Scoperte sulla superficie e l’atmosfera

Venera 9 e 10 atterrarono il 22 e il 25 ottobre di quell’anno, e trasmisero dati continuamente per un’ora ciascuna (53 e 65 minuti rispettivamente). Venera 9 e 10 erano anche dotate di fotocamere in bianco e nero, e trasmisero con successo le prime foto dalla superficie di un altro pianeta. Davanti agli occhi dei ricercatori c’era ora il paesaggio venusiano, dominato da rocce inconfondibilmente vulcaniche e privo di polvere, immerso in una luce simile a quella del primo pomeriggio.

Il lander Venera 9 rimase operativo per almeno 53 minuti e scattò foto con una delle due fotocamere; l’altro tappo copriobiettivo non si sganciò.

Il lander Venera 10 operò per almeno 65 minuti e scattò foto con una delle due fotocamere; l’altro tappo copriobiettivo non si sganciò.

Venera 11 e Venera 12 atterrarono nel dicembre del 1978, ma non riuscirono a scattare foto: tutti i tappi delle quattro fotocamere non si separarono correttamente per via di un difetto di progettazione. Anche parecchi altri strumenti subirono dei malfunzionamenti, ma ciò non impedì di scoprire l’esistenza di fulmini e tuoni su Venere e di misurare accuratamente la composizione atmosferica e le condizioni meteorologiche.

Il lander Venera 11 rimase operativo per almeno 95 minuti e il lander Venera 12 per almeno 110 minuti, ma in entrambe le sonde i tappi copriobiettivi delle fotocamere non si sganciarono, impedendo di fotografare il pianeta.

Immagini e dati raccolti

Venera 13 e 14 (lanciate tra il 1981-82) avevano ciascuno un modulo di discesa/atterraggio che conteneva la maggior parte della strumentazione e dell’elettronica e una navicella di flyby utilizzata per le comunicazioni alla Terra.

Il design era simile a quello dei precedenti lander Venera 9-12. Trasportavano strumenti per effettuare misurazioni scientifiche del suolo e dell’atmosfera, tra cui telecamere, un microfono, un trapano, strumenti per l’analisi del terreno e un sismometro.

Venera 13 e Venera 14 ottennero le storiche immagini panoramiche a colori dei loro siti di atterraggio. Erano anche equipaggiate con dei microfoni, che registrarono per la prima volta un suono su un altro pianeta e misurarono la velocità del vento (meno di mezzo metro al secondo). Tutti gli strumenti funzionarono a meraviglia, producendo dati che tutt’oggi costituiscono la gran parte di quello che sappiamo su questo pianeta.

Il lander Venera 13 è sopravvissuto per 127 minuti e il lander Venera 14 per 57 minuti, mentre la durata prevista era di soli 32 minuti.

Il veicolo Venera 14 ebbe la sfortuna di espellere il copriobiettivo della fotocamera direttamente sotto il braccio del tester di comprimibilità della superficie e rilevò le informazioni sulla comprimibilità del copriobiettivo piuttosto che sulla superficie del pianeta.

Le missioni Venera 15-16 e Vega 1-2

Radar ad apertura sintetica (SAR)

Le sonde Venera 15 e Venera 16, lanciate il 10 e l’11 ottobre 1983, furono le prime ad utilizzare un radar ad apertura sintetica per raccogliere immagini di un altro pianeta. Ciascuna sonda consisteva in un cilindro lungo 5 m e con un diametro di 0,6 m, terminante con un’antenna parabolica alta 1,4 m utilizzata per il radar ad apertura sintetica e un’antenna parabolica di 1 m di diametro per l’altimetro radar. L’antenna del radar era disposta con un’angolazione di 10° dall’asse della sonda e illuminava ogni 0,3 secondi un punto della superficie con un fascio di microonde per un tempo di 3,9 millisecondi.

Mappatura dell’emisfero settentrionale

Le sonde Venera 15 e 16 furono progettate per orbitare attorno a Venere e mappare l’emisfero nord del pianeta fino ai 30° N di latitudine, corrispondente a circa il 25% della superficie di Venere, con una risoluzione di 1-2 km. Le sonde si inserirono in orbite polari ellittiche, sfasate di circa 4° l’una dall’altra, con un’altezza minima di 1000 km sopra i 62° N di latitudine e un periodo di 24 ore. Poiché Venere ruota su se stessa di 1,48° ogni 24 ore, le sonde riuscirono a fotografare l’emisfero nord in un tempo di 8 mesi (da novembre a luglio).

Ad ogni orbita si ricavava un’immagine radar che ricopriva una striscia della superficie larga 120 km e lunga 7500 km. L’immagine veniva immagazzinata nella memoria di bordo fino al suo completamento e solo dopo veniva inviata a Terra, dove veniva elaborata. Le immagini ottenute vennero poi unite in un singolo mosaico. L’altimetro radar venne invece puntato direttamente verso la superficie sottostante la sonda e produsse una mappa dell’altitudine con un’accuratezza di 50 m.

Sonde atmosferiche e palloni sonda

Nel 1985 l’Unione Sovietica lanciò le sonde Vega 1 e Vega 2, che giunsero su Venere l’11 giugno e il 15 giugno 1985 e lanciarono un pallone ad elio ad un’altezza di 50 km dalla superficie per studiare la dinamica della parte più attiva dell’atmosfera venusiana. I palloni aerostatici fluttuarono ad un’altezza di 53 km circa per 46 e 60 ore rispettivamente, viaggiando per circa un terzo del pianeta e misurando la velocità dei venti, la temperatura, la pressione e la densità delle nubi.

Le sonde Vega 1 e 2 trasportavano un’unità sferica di discesa con un diametro di 240 cm e un peso di 1500 kg, contenente un lander e un pallone sonda. Dopo la separazione dalla capsula, il modulo del pallone sonda venne rilasciato a 62 km di altezza, frenando la discesa con un paracadute. Un secondo paracadute si aprì a 55 km, estraendo il pallone ripiegato che venne gonfiato a 54 km. Il pallone risalì ad un’altezza stabile tra 53 e 54 km, circa 15-25 minuti dopo l’entrata nell’atmosfera.

Raccolta dati a lungo termine

I palloni della Vega 1 e Vega 2 attraversarono il terminatore passando dalla notte al giorno e continuarono ad operare di giorno finché non vennero ricevute le trasmissioni finali, dopo aver percorso rispettivamente 11600 km e 11100 km. La maggiore scoperta delle sonde Venera 15 e 16 fu l’esistenza delle corone, cupole tettoniche collassate su vaste camere magmatiche che si presentano come larghi cerchi o anelli concentrici ovali. Nell’area mappata si contarono 150 crateri da impatto, permettendo di stabilire che la crosta di Venere ha un’età di soli 750 ± 250 milioni di anni.

Conclusione

Dopo aver esplorato i misteri di Venere attraverso le varie missioni del programma Venera, possiamo riflettere sui risultati straordinari ottenuti. Le sonde hanno svelato dettagli cruciali sull’atmosfera densa e soffocante di Venere, sulla sua superficie rocciosa e sulle caratteristiche tettoniche uniche. Le immagini e i dati raccolti hanno gettato luce su un mondo alieno, espandendo la nostra comprensione dell’universo.

Nonostante le sfide tecnologiche e ambientali, il programma Venera ha dimostrato la determinazione dell’esplorazione spaziale sovietica. Le missioni hanno aperto la strada a future indagini su questo pianeta gemello, lasciandoci con ancora molte domande da risolvere. L’eredità di Venera ispira gli sforzi attuali e futuri per svelare ulteriormente i segreti di questo misterioso mondo.

FAQs

Quante missioni spaziali sono state intraprese verso Venere?

Finora, numerose missioni senza equipaggio hanno esplorato Venere. In particolare, dieci sonde sovietiche hanno realizzato un atterraggio morbido sulla sua superficie, riuscendo a trasmettere dati per oltre 110 minuti direttamente da Venere.

Chi è stato il primo a osservare Venere attraverso un telescopio?

Galileo Galilei, nel 1609, fu il primo astronomo a puntare un telescopio verso Venere, osservandolo per l’intero anno del 1610. Egli scoprì che l’aspetto di Venere cambiava significativamente nel corso del tempo, passando da un piccolo cerchio a un semicerchio luminoso più grande, fino a assumere la forma di una falce.

Ci sono piani per inviare esseri umani su Venere?

Al momento, non ci sono piani concreti per missioni umane su Venere. Tuttavia, la NASA ha annunciato nel giugno 2021 l’intenzione di lanciare due missioni robotiche, VERITAS e DAVINCI, tra il 2028 e il 2030. VERITAS si propone di mappare la superficie di Venere ad alta risoluzione, mentre DAVINCI mira ad analizzare la composizione dell’atmosfera venusiana.

Di cosa è composta l’atmosfera di Venere?

L’atmosfera di Venere è estremamente densa e calda, caratterizzata da una spessa coltre di nubi negli strati superiori. È composta principalmente da anidride carbonica (96%) e azoto (4%), con tracce di biossido di zolfo, argo e vapore acqueo.

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